venerdì 15 marzo 2024

La Sapienza e la Storia contro un mondo moderno consumista e vuoto. Articolo di Luca Bagatin

 

Siamo passati da una società in cui il ruolo sociale era definito in base alla sua capacità produttiva, ad una società in cui tale ruolo è definito dalla qualità, quantità e tipologia di consumi.

Da una società di produttori, si è passati ad una società di consumatori.

Questo ciò che rileva il prof. Giancarlo Elia Valori, nell'appendice di uno dei suoi più interessanti saggi: “La sapienza e la storia: i grandi illuminati”, con prefazione del prof. Oliviero Diliberto e edito da Futura Edizioni alcuni anni fa.

Il saggio è certamente interessante per l'analisi di numerose figure storiche, alla luce delle loro conoscenze in ambito esoterico e spirituale e dalla loro capacità di portare tali aspetti sapienziali nel proprio agire politico.

Il prof. Valori ci parla, dunque, dei Cardinali Mazzarino e Richelieu; di Ireneo Filalete; del conte di Cagliostro; del Principe Raimondo di Sangro (al quale dedica numerosissime pagine ed al quale ha dedicato anche un saggio, da me recentemente recensito); degli aspetti esoterici in Mao Tse-Tung; di quelli di Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt e non fa alcuno sconto alle pratiche occultistiche, ma in questo caso estremamente negative e aberranti, di Adolf Hitler.

Il saggio è particolarmente interessante, anche per le sue conclusioni, indicate, come accennavo, nell'appendice al testo.

Perché sono un parallelismo fra un mondo che non esiste più (che fu anche quello nel quale vissero grandi illuminati, esoteristi, filosofi, sapienti, teosofi e massoni) e quello moderno, fondato sull'immagine, la “società dello spettacolo” che diventa merce (e dunque banalità standardizzata, come chi la consuma), già denunciata da Guy Debord e dal Situazionismo francese alla fine degli Anni '60.

Un mondo moderno consumista e fondamentalmente vuoto, desiderante e proprio per questo inconsapevolmente totalitario e orwelliano.

Un mondo nel quale sembra aver vinto, come afferma il prof. Valori, “il maligno, quello che propone a Cristo di trasformare le pietre in pane, azione alla quale, naturalmente, Gesù si rifiuta”.

Qui, peraltro, mi ritorna alla mente un film di Adriano Celentano, che ho amato molto e sottovalutatissimo in Italia (ma molto valutato all'estero). “Joan Lui”, del 1985. Un film nel quale la morale, in particolare conclusiva, era la medesima.

E non occorre essere cristiani (personalmente non lo sono) per rendersene conto.

Oggi il desiderio è la legge”, scrive il prof. Valori (che sembra quasi ricordare i moniti di Michel Clouscard e Pier Paolo Pasolini) “e l'istinto e la ragione devono sempre coincidere”. “Esistono solo i singoli, concreti, cittadini”, prosegue il prof. Valori. “Cittadini che non hanno nessun obbligo a seguire un ethos sociale, scritto e non scritto, oggi la morale non esiste”.

Ciò che manca, per l'Autore, è l”Invisibile”, la “sapienza del cuore”, che è stata annientata dalla “scienza triste”, ovvero dall'economia che “ha reso tutti delle macchine attente al calcolo dei dolori e dei piaceri”.

Senza Dio, anche il Dio dei laici migliori, non vi è l'uomo”, scrive Valori citando successivamente un grande laico anti-materialista quale fu Giuseppe Mazzini, che fondò le sue lotte risorgimentali e la Repubblica Romana del 1849 sui precetti “Dio e Popolo”, che influenzeranno il Risorgimento, anche grazie al pensiero teosofico-massonico di Giuseppe Garibaldi, sino a giungere alle lotte antifasciste e post-risorgimentali del Partito d'Azione (fondato sul precetto Pensiero e Azione) e ad influenzare il Centro-Sinistra italiano del dopoguerra, che si reggeva sull'asse laico-socialista-risorgimentale e quello cattolico democratico.

Il mondo moderno attuale è, oltre che del consumo e dell'immagine, schiavo di quella che il prof. Valori definisce “polizia del linguaggio”, ovvero il cosiddetto “politicamente corretto”. Mentre si è perduta la conoscenza del passato, quella cultura che “è sapienza del passato, conoscenza delle radici personali, storiche, nazionali e sovranazionali”.

Che sono peraltro anche gli strumenti per comprendere e dialogare con chi è diverso da noi, ha storie, cultura, tradizioni, idee e sistemi di valori differenti dai nostri.

Il mondo contemporaneo” - scrive il prof. Valori - “ha quindi distrutto tutte le bellissime tradizioni del cattolicesimo sociale, del socialismo, della semplice bontà popolare, della solidarietà laica”.

Tutti aspetti, peraltro, analizzati alla perfezione anche da due ottimi intellettuali francesi contemporanei quali Jean-Claude Michéa e Alain De Benoist.

Occorrerebbe tornare a riannodare i fili di un passato che non esiste più, fondato sul civismo, la democrazia autentica, la solidarietà comune.

Senza comunità, niente società, che è anch'essa una rete solidale”, scrive Valori.

Ma come insegnare, tutto ciò, ai nostri ragazzi, si chiede l'Autore?

Con l'esempio, dettato da un comportamento retto.

Il Comportamento è la vera scuola, che si apprende con tutti i sensi e, soprattutto, con la discussione unita all'intuizione”.

Il prof. Valori conclude, dunque, con uno spiraglio di speranza per il futuro, se “i ragazzi impareranno a vivere in posti piccoli, sani, ameni, non troppo globalizzati e dove il lavoro manuale e quello intellettuale vanno di pari passo”.

Luca Bagatin

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martedì 12 marzo 2024

Pensieri per costruire e rifondare una comunità democratica organizzata. Articolo di Luca Bagatin

 
 
In tutta Europa, anziché investire in sanità pubblica e in sicurezza per i cittadini, si investe in armamenti.

Esattamente l'opposto di quanto servirebbe dopo una pandemia (e l'avvento di possibili ulteriori pandemie, tutt'altro che improbabili, al netto delle sciocchezze dei soliti complottisti anti-scientifici) e nell'epoca dello sviluppo dell'Intelligenza Artificiale.

Alla fine gennaio 2021, in un articolo, rilevavo che “la pandemia da Covid 19 (…) ci pone difronte la necessità – e allo stesso tempo l'occasione - di rivedere completamente il nostro modello economico e di sviluppo”.

In quell'articolo riportavo, fra l'altro, un'affermazione di quel periodo del Presidente francese Emmanuel Macron (non certo un socialista) durante i lavori del World Economic Forum di Davos, ovvero “abbiamo creato due re del sistema, i produttori e i consumatori, a spese dei lavoratori e ciò ha creato esternalità negativa per l’ambiente e ha alimentato la crisi della democrazia”.

Le crisi maggiori, in termini sanitari e economici, infatti, durante la pandemia, le hanno pagati proprio i Paesi liberal-capitalisti e i relativi lavoratori e cittadini.

In quell'articolo rilevai come occorresse abbandonare totalmente le politiche di “macelleria sociale fatte di flessibilità nei contratti di lavoro e ogni misura che favorisca una illusoria quanto dannosa “crescita economica””.

Oltre che la necessità di “sostenere massicciamente la sanità e la ricerca pubbliche; nazionalizzare i servizi pubblici (energia elettrica, gas, acqua e telecomunicazioni) e renderli di diretta pertinenza della comunità; lavorare il necessario e per meno tempo (con conseguente risparmio di risorse, di emissioni inquinanti, consentendo alle persone di avere maggiore tempo libero); garantire a tutti un reddito universale e pensare, via via, ad un progressivo superamento del sistema monetario (che genera spirali inflazionistiche, interessi sui debiti, schiavitù del lavoro stesso); introdurre possibili forme di baratto; puntare all'autoproduzione e all'autogestione del lavoro; superare l'industrializzazione (aspetto che la pandemia stessa potrebbe accelerare, specie con fisiologici e necessari lockdown); utilizzo intelligente delle tecnologie, per permettere e coordinare tutti questi aspetti”.

Relativamente a quest'ultimo punto, l'IA potrebbe darci una mano, se usata a scopi pubblici e non privati.

Una economia fondata sul “dare, ricevere, ricambiare”, che punti a unificare i Paesi del mondo, ciascuno nel rispetto delle proprie specificità e scelte politiche e che li spinga ad abbandonare ogni investimento in armamenti, ricercando cooperazione e una unità politico-militare globale (pragmatica e oltre gli steccati ideologici), che si concentri su: sicurezza globale, servizio alla comunità, efficienza dei servizi pubblici, risoluzione delle controversie entro tempi certi e brevi.

Nel febbraio 2023 il Presidente cinese Xi Jinping tenne un importante discorso nel quale enunciò le cosiddette “cinque modernizzazioni cinesi”, ovvero: 1) modernizzazione di un popolo numeroso; 2) prosperità comune; 3) progresso materiale ed etico-culturale; 4) armonia tra umanità e natura; 5) sviluppo pacifico.

Cinque aspetti che Xi Jinping ha lanciato alla Cina moderna, ma che potrebbero valere per qualsiasi Paese, nel rispetto delle specificità, cultura, storia e tradizione del proprio popolo.

Tutti i popoli del mondo necessitano semplicemente di pace, sviluppo, armonia, progresso materiale, emancipazione sociale, sicurezza.

Oggi, purtroppo, assistiamo a: città sempre meno sicure (con il drammatico fenomeno delle baby gang nelle strade); sanità pubblica distrutta; scuola pubblica ridotta all'osso; investimenti in armamenti; distruzione del welfare state.

Se i cittadini italiani preferiscono astenersi dal votare alle elezioni, che siano amministrative o nazionali, come non comprenderli?

Cosa ci si può aspettare quando manca organizzazione, pragmatismo, buonsenso e le basi stesse per costruire o, meglio, ricostruire una comunità e una società civile e democratica?

Luca Bagatin

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sabato 9 marzo 2024

Leonel Brizola, storia di un socialista democratico brasiliano e internazionale. Articolo di Luca Bagatin

Figura fondamentale del socialismo internazionale e di quello latinoamericano e brasiliano in particolare, Leonel Brizola, classe 1922, il 22 gennaio scorso avrebbe compiuto 102 anni.

Brizola non è personalità molto conosciuta nel nostro Paese, per quanto fu molto amico dell'ex Presidente del Consiglio socialista Bettino Craxi e figura di punta dell'Internazionale Socialista di quegli anni.

Il figlio di Craxi, Vittorio, detto Bobo, ricordò, in un post su Facebook del 2016, il Brizola del 1989, quando la sinistra brasiliana si riunì per la prima volta attorno alla candidatura dell'attuale Presidente socialista Lula da Silva. Il Vice di Lula era proprio Leonel Brizola, che lo sostenne al secondo turno.

Bobo Craxi ricordò come la candidatura di Lula fu sostenuta da tutti i partiti aderenti all'Internazionale Socialista e in particolare come Brizola abbia suggerito a Lula di richiedere il sostegno dei partiti italiani amici dell'America Latina, in primis del Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi.

Oggi, in un momento storico nel quale il socialismo democratico e libertario è pressoché totalmente assente in Europa, ma ha trionfato nell'America Latina del XXI secolo, sarebbe bene ricordare personalità come Brizola, che richiamano tanto la figura del nostro Giuseppe Garibaldi, quanto quella del già citato Bettino Craxi.

Socialisti autentici; populisti (di sinistra) nel senso positivo e democratico del termine, ovvero personalità provenienti dal popolo che agivano in favore del popolo; riformisti nel senso del promuovere quelle giuste riforme, oltre e contro gli sciocchi ideologismi novecenteschi delle estreme destre e delle estreme sinistre che, non a caso, assieme ai liberal capitalisti, contribuiranno ad affossare il socialismo in Europa e tenteranno sempre di affossarlo anche nell'America Latina dei tempi più recenti.

Leonel de Moura Brizola, da sempre promotore delle nazionalizzazioni dei settori chiave dell'economia e di politiche in favore delle classi più povere della popolazione, entrò in politica guidando l'ala giovanile del Partito Laburista Brasiliano dell'allora Presidente Getulio Vargas.

Nel 1956 fu eletto Sindaco di Porto Alegre e, nel 1958, governatore di Rio Grande do Sul.

Nel 1961 sostenne la candidatura alla presidenza di suo cognato, il laburista Joao Goulart, che purtuttavia fu deposto - nel 1964 - da un golpe militare di destra sostenuto dagli USA e Brizola, che tentò di resistere al golpe, fu esiliato in Uruguay e successivamente, con l'avanzare della dittatura militare in quel Paese, si trasferì in Portogallo, ove divenne amico del leader socialista Mario Soares e entrò in contatto con l'Internazionale Socialista, di cui diverrà Vicepresidente.

Con l'amnistia del 1979 Brizola tornò in Brasile e fondò il Partito Democratico Laburista (PDT), con un programma socialista democratico, cristiano e di sinistra non marxista. La piattaforma politica del PDT fu definita “socialismo moreno”, ovvero una via socialista democratica specificatamente brasiliana e alternativa ad ogni blocco della Guerra Fredda, puntando proprio a un contesto post-Guerra Fredda, oltre i blocchi ideologici contrapposti.

Nel 1983 e nel 1993 fu eletto governatore di Rio de Janeiro, mentre nel 1989 si candidò alle già citate elezioni presidenziali, arrivando terzo con il 16% dei voti, subito dopo Lula, che Brizola sostenne al secondo turno, chiamando a raccolta tutta la sinistra brasiliana, che pur perse contro il candidato democristiano dell'epoca.

Si ricandidò alle presidenziali del 1994, ma ottenne solo il 3% dei consensi. Infine, nel 1998, sostenne la candidatura alle presidenziali di Lula, che pur perse contro il liberale Cardoso.

I suoi programmi politici erano incentrati su aspetti quali la promozione dell'istruzione e della sicurezza pubblica, oltre che la promozione dei servizi pubblici e di politiche abitative dignitose per gli abitanti delle cosiddette “baraccopoli”.

Sebbene la gran parte dell'eredità politica di Brizola oggi sia parte integrante dell'amministrazione socialista di Lula, sostenuta anche dal Partito Democratico Laburista, Brizola fu critico nei confronti di Lula negli Anni 2000 e alle presidenziali del 2002 sostenne il laburista Ciro Gomes.

Brizola morì nel 2004 per attacco cardiaco e, nel dicembre 2015, la Presidente socialista Dilma Rousseff lo inserì nel Libro degli Eroi della patria, ovvero nel registro ufficiale di quei brasiliani deceduti che hanno “offerto la loro vita alla Patria, alla sua difesa e costruzione, con eccezionale impegno ed eroismo”.

Luca Bagatin

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venerdì 8 marzo 2024

Speciale Festa della Donna. Amore, Eros e Rivoluzione secondo Aleksandra Kollontaj

 

"L'ideale dell'amore nel matrimonio comincia ad apparire in seno alla classe borghese unicamente quando la famiglia, si trasforma da unità di produzione in unità di consumo, e nello stesso tempo si fa "custode" del capitale accumulato. [...]
Per millenni, una cultura fondata sull'istinto di proprietà ha inculcato negli uomini la convinzione che il sentimento d'amore aveva anch'esso come base il principio della proprietà.
L'ideologia borghese ha messo in testa alla gente l'idea che l'amore, compreso l'amore reciproco, dava il diritto di possedere interamente e senza spartizioni il cuore dell'essere amato.
Quest'ideale, questo esclusivismo nell'amore, derivava naturalmente dalla forma di unione coniugale stabilita e dell'ideale borghese di "amore totale ed esclusivo" degli sposi.
Ma può forse un simile ideale corrispondere agli interessi della classe operaia?
Non è al contrario, importante e auspicabile, dal punto di vista dell'ideologia proletaria, che i sentimenti delle persone divengano più ricchi, più diversificati?
[...]
Il riconoscimento, anche nell'amore, dei diritti reciproci, la capacità di tener conto della personalità dell'altro, un fermo e mutuo sostegno, una sollecitudine attenta e reale comprensione di ciascuno per i bisogni dell'altro, congiunti alla comunanza degli interessi o delle aspirazioni: ecco l'ideale dell'amore da compagni che l'ideologia proletaria sta forgiando per sostituire il caduco ideale d'amore coniugale "assorbente" ed "esclusivo" della cultura borghese.
[...]
La "forma dell'amore" sarà molto più grande e l'amore-solidarietà avrà un motore analogo a quello della concorrenza e dell'amor proprio nella società borghese.
Il collettivismo dello spirito e della volontà riporterà la sua vittoria sulla fatuità individualista.
La "fredda solitudine morale", alla quale le persone, nella società borghese, tentavano spesso di sfuggire attraverso l'amore e il matrimonio, sarà scomparsa; molteplici e svariati vincoli uniranno le persone in una vera comunanza spirituale e morale.
I sentimenti degli uomini s'indirizzeranno verso lo sviluppo della coscienza sociale, mentre l'ineguaglianza tra i sessi, affondata nella memoria dei secoli passati, e ogni forma di dipendenza della donna dall'uomo saranno scomparsi senza lasciar traccia"
 
Aleksandra Kollontaj - Largo all'Eros alato, dal libro "Amore e Rivoluzione, autobiografia di una comunista sessualmente emancipata", 1923

giovedì 7 marzo 2024

Riflessioni socialiste, democratiche, garibaldine, massoniche, spirituali, per il superamento dell'ego, per la Civiltà dell'Amore. Di Luca Bagatin

Sono da sempre contro ogni idea imperiale e imperialista.
Sono, dunque, per una forma di tribalismo, il più possibile arcaico, matriarcale, socialista, democratico e anti-moderno.
Sono per le piccole e piccolissime comunità omogenee, autogestite e democratiche dirette, che dialogano pacificamente con altre piccole comunità omogenee autogestite e democratiche dirette.
Senza imperatori, governanti, Stati, mercati e con una tecnologia ridotta al minimo e una economia volta all'auto-produzione e al soddisfacimento de bisogni di tutti. Senza che nessuno sia lasciato indietro.
In questo modo l'ego umano è tenuto a bada e così ogni forma di guerra e sopraffazione. Ovvero tutti gli aspetti patologici che infettano l'umanità. 

(Luca Bagatin) 

Va sfatato il falso mito che l'imprenditore crea ricchezza.

Egli la sottrae alla comunità a vario titolo.

Usando il lavoro di altri e veicolando la sua merce attraverso la pubblicità commerciale e convincendo, con tecniche di persuasione, la comunità a farsi pagare per prodotti di cui spesso non ha bisogno. Prodotti realizzati da appartenenti alla comunità stessa e venduti a prezzo maggiorato.

Per questo una impresa non dovrebbe mai essere di un soggetto privato o peggio ancora di degli azionisti esterni, ma unicamente di chi ci lavora e della comunità nel suo complesso.

(Luca Bagatin) 

I socialisti autentici (anticapitalisti e libertari) danno da sempre fastidio ai fondamentalisti liberali, fascisti e comunisti con il portafoglio a destra.

Costoro non riescono a tollerare il superamento dell'egoismo, ovvero non riescono a tollerare l'egualitarismo e la democrazia autentica.

È per questo che nel mondo il socialismo è perseguitato ovunque nei Paesi liberal capitalisti.

(Luca Bagatin) 

Non amo l'ipocrisia politicamente corretta.

Questo mi ha sempre fatto detestare la cosiddetta "sinistra fighetta liberal" occidentale, che non ha nulla di libertario, ma ha tutto di moralista.

Al punto da essere praticamente uguale alla destra bigotta, ugualmente moralista, ma per ragioni diverse.

Amo la cruda, fredda realtà della vita.

Che non ha nulla di ipocrita, né di politicamente corretto.

(Luca Bagatin) 

Ai fondamentalisti italiani e europei liberali, cattolici, atlantisti, para fascisti, para comunisti, complottisti dico: studiate e approfondire prima di evacuare le vostre stupide ottusità piene di pregiudizio e becera ideologia al servizio del Potere e del dogma.

(Luca Bagatin) 

La religione è una forma di manipolazione della mente, che può portare a gravi conseguenze.

La Massoneria, diversamente, è un metodo per l'emancipazione individuale.

Per questo la religione combatte da secoli la Massoneria.

E i massoni sono storicamente perseguitati da ogni forma di settarismo religioso e totalitarismo politico.

(Luca Bagatin) 

Perché dal 1993 in poi c'è stato il diluvio politico in Italia?

Perché si sono sdoganate realtà politiche becere e inaccettabili: liberal capitalisti, leghisti, post e neofascisti, comunisti al caviale amici dei più ricchi, seguaci di comici discutibili, fondamentalisti atlantisti e religiosi.

Categorie che prima erano giustamente IMPRESENTABILI e che tali avrebbero dovuto continuare a rimanere.

Non smetterò mai di ripeterlo, perché tutto ciò è alla base della distruzione del socialismo democratico e libertario in Italia e Europa e dell'essenza stessa della democrazia e del multipolarismo.

(Luca Bagatin) 

https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/670930/ritratti-del-socialismo/

"La collana lungo la Via della Seta". Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori

 

Quanti cinesi ci sono al mondo fuori Patria? Parlando di cinesi d’oltremare che siano di cittadinanza sinica o di origine, dobbiamo ammettere che li possiamo trovare in quasi ogni angolo del mondo. Secondo statistiche del 2022, il numero di cinesi all’estero è una diaspora di oltre 60 milioni, distribuiti in 198 Paesi e regioni di tutto il pianeta. In questo articolo tratteremo dei Paesi in cui vi è il più alto numero di cinesi più ulteriori note.

Parliamo prima dell'Indonesia. L'Indonesia è l’arcipelago più grande del mondo fra le 17.500 e 18.300 isole ed è anche la più grande economia del sud-est asiatico. La popolazione dell’Indonesia (277.534.122 abitanti) è al quarto posto nel mondo, dopo India, Repubblica Popolare della Cina e Stati Uniti d’America.

L’Indonesia è riconosciuto come il Paese con la più estesa popolazione cinese. Secondo le statistiche, circa il 5% della popolazione indonesiana è cinese, contando più di 10 milioni di persone, e oltre il 90% di loro è diventato cittadino indonesiano. La maggior parte dei cinesi indonesiani proviene dalle province meridionali della Cina, come Fujian, Hainan e Guangdong. I cinesi indonesiani sono distribuiti principalmente in città come Giacarta, Surabaya, Medan, Pekanbaru, Semarang, Pontianak (Pontinak), Sijiang (Makasa), Palembang, Bandung e Pangkal Pinang.

Tuttavia, a causa di alcune particolari ragioni storiche, i cinesi locali sono relativamente sensibili alla propria identità cinese. Negli ultimi anni, il governo indonesiano ha attuato una politica di riforma democratica e di apertura, riconoscendo i cinesi come membri della famiglia nazionale indonesiana, e lo status dei cinesi è migliorato. Secondo il censimento ufficiale dell'Indonesia, attualmente sono circa 2,8 milioni i cinesi indonesiani che riconoscono l'identità cinese.

Con la rapida ascesa della RP della Cina e il graduale miglioramento delle relazioni con l’Indonesia, sempre più cinesi indonesiani possono affermare con sicurezza di essere cinesi.

In Thailandia attualmente, ci sono più di 30 gruppi etnici, con una popolazione totale di oltre 71.801.279 abitanti. Il principale gruppo etnico del Paese è quello tailandese, che rappresenta il 40% della popolazione. Il secondo gruppo è quello dei Lao, che rappresenta il 35% della popolazione totale. I cinesi rappresentano il 14% della popolazione totale, mentre i malesi rappresentano il 2,3% della popolazione totale. Questi gruppi etnici sono in percentuale i maggiori della popolazione totale della Thailandia, mentre altri gruppi etnici rappresentano proporzioni minori.

Ora ci sono quasi 10 milioni di cinesi in Thailandia e la maggior parte dei cinesi in Thailandia proviene da Guangdong, Chaoshan, Xiamen e altre regioni. I cinesi in Thailandia hanno una lunga storia e un gran numero di persone e hanno dato un contributo considerevole allo sviluppo della Thailandia medesima.

I cinesi della Malaysia (34.308.525 ab.) malesi sono il secondo gruppo etnico, con circa 7,4 milioni di persone, che rappresentano circa il 21,5% della popolazione totale malesiana. I dati mostrano che i cinesi malesi (o cinesi etnici) si riferiscono agli immigrati e ai loro discendenti che sono giunti in quel Paese dalle province di Fujian, Guangdong, Guangxi e Hainan in Cina per centinaia di anni a partire dalle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911).

Attualmente, la percentuale di cinesi nella struttura demografica della Malaysia sta diminuendo di anno in anno. Secondo le statistiche dell'Asia Strategy and Leadership Institute, il più grande think tank indipendente della Malaysia, se l'attuale tendenza all'immigrazione del Paese rimane invariata, la percentuale di cinesi malesi nella popolazione nazionale passerà dal 38,2% ch’era nel 1957, al 19,6% nel 2030.

Ci sono tanti cinesi anche negli Stati Uniti d’America (339.996.563 ab.), provenienti dalla madrepatria e da tutto il mondo che in seguito si sono naturalizzati come cittadini statunitensi, compresi i loro discendenti.

Secondo gli ultimi dati rilasciati dal Federal Census Bureau degli Stati Uniti d’America, la popolazione asiatica complessiva totale negli Stati Uniti d’America ha raggiunto i 21,4 milioni, con la popolazione cinese in testa con 5,08 milioni. La maggior parte di essi è concentrata in California, New York e nelle città metropolitane.

I cinesi americani provengono principalmente da Changle, Lianjiang, Fuqing e altre regioni della provincia del Fujian, Gaocheng, Hengshui e altre regioni dello Shijiazhuang, della provincia di Hebei e della regione nordorientale.

La città-Stato di Singapore (4.044.000 ab. al censimento del 2020) è l'unico Paese, ad eccezione ovviamente della RP della Cina, in cui la popolazione cinese costituisce la maggioranza con 3.006.800 abitanti, pari al 74,3% della popolazione. La lingua nazionale di Singapore è il malese è la lingua nazionale; mentre inglese, cinese, il tamil sono lingue ufficiali e l'inglese è la lingua amministrativa.

In effetti, i primi scambi e lo sviluppo di Singapore come centro commerciale videro la crescita di una grande comunità cinese all'interno della colonia britannica. I cinesi provengono principalmente dai gruppi dialettali hokkien, chaozhou, cantonese, hakka, qiong e fuzhou delle province costiere sudorientali della Cina, come Guangdong, Fujian e Hainan. Il 40% di loro è hokkien, seguito da chaoshan, cantonese, e hakka, hainanesi e fuzhou, ecc.

Secondo i risultati dell'analisi demografica di Statistics Canada, ci sono circa 1,77 milioni di cinesi in Canada (38.781.291 ab.) e la percentuale di cinesi a Vancouver ha raggiunto il 21%.

I cinesi rappresentano il 4,6% della popolazione totale e si collocano al settimo posto tra tutti i gruppi etnici, mentre i primi sei sono canadesi, britannici, scozzesi, francesi, irlandesi e tedeschi. Invece, come abbiamo visto negli Stati Uniti d’America, che sono pure un grande Paese di immigrati, i cinesi rappresentano meno dell’1,5%.

Il Myanmar (Birmania) confina con la RP della Cina e i due Paesi hanno una frontiera comune di oltre 2.000 chilometri. I due Paesi sono vicini, amici che dipendono l’uno dall’altro che da sempre hanno condiviso benefici, e anche le sventure del colonialismo. Sin dai tempi antichi, le popolazioni dei due Paesi hanno formato carovane e viaggiato attraverso montagne e fiumi per svolgere attività commerciali di scambio di merci. Poiché nell'antichità il confine tra i due Paesi non era chiaro, il commercio via terra tra Yunnan e Bhamo portò alla migrazione stagionale dei “cinesi di montagna” in Myanmar.

Attualmente in Myanmar (54.577.997 ab.) vivono circa 1,63 milioni di cinesi, che rappresentano circa il 3% della popolazione. Le comunità cinesi in Myanmar vivono in aree diverse. In termini di distribuzione, in città come Yangon, la popolazione cinese è dominata da cantonesi (compresi hakka, chaoshan, ecc.) e fujianesi, e la maggior parte di loro gestisce piccole imprese; alcuni svolgono commerci e hanno notevoli joint venture a Singapore, Xianggang (Hong Kong) e Taiwan,. I cinesi kokang e i cinesi musulmani vivono principalmente nella zona di confine tra RP della Cina e Myanmar.

Oggi nelle Filippine (117,337,368 ab.) nove cinesi su dieci dei loro antenati provenivano dal Fujian meridionale (Quanzhou, Zhangzhou, Xiamen), con Quanzhou che offriva la maggiore emigrazione (80-90% dei cinesi nelle Filippine). Il restante circa 10% proviene principalmente dal Guangdong, con solo pochi da altre province. L'hokkien è la lingua franca della comunità filippino-cinese. In totale, nella nazione filippina, l’ascendenza cinese rappresenta circa il 20%. Considerando l’attuale popolazione filippina, potrebbero esserci più di 10 milioni di persone con origini cinesi. Tuttavia, in passato, a causa del sottosviluppo dell’istruzione cinese, la maggior parte delle persone con origini cinesi raramente aveva l’opportunità di ricevere un’istruzione cinese e dichiararsi di origine cinese. Ed insieme alla fede cattolica, il risultato è che un cinese è stato assimilato ad un filippino autoctono.

Anche in Sudamerica ci sono cinesi. In Perù (34.352.719 ab.) vivono 1,3 milioni di cinesi. In Perù, si stima che gli asiatici peruviani costituiscano almeno il 5% della popolazione. Una fonte ha affermato che il numero di cittadini con origini cinesi potrebbe raggiungere i 5 milioni, pari al 15-16% della popolazione totale del Paese. Al momento però non esiste alcuna verifica.

La maggior parte dei cinesi peruviani parla più lingue e, oltre allo spagnolo o al quechua, molti di loro possono parlare almeno il mandarino e i dialetti cinesi, tra cui cantonese, hakka, mandarino e hokkien. Poiché il primo gruppo di immigrati cinesi proveniva da Macao, alcuni di loro parlavano anche portoghese.

In Australia (26.439.111 ab.) la popolazione cinese totale è di circa 1.214.000 milioni, pari al 4,59% della popolazione totale. La comunità cinese è diventata il più grande gruppo di minoranza non anglofona dell'Australia.

Per i gruppi cinesi che attualmente scelgono di rimanere in Australia, a giudicare dagli ultimi dati del censimento australiano rilasciati dall’Australian Bureau of Statistics, non solo sta aumentando il numero di cinesi, ma sta crescendo anche la loro influenza su questo Paese, ed essi svolgono anche un ruolo maggiore nel rafforzamento degli scambi culturali e della cooperazione tra i due Stati.

Oltre ai dieci Paesi sopra menzionati, ci sono Vietnam, Repubblica di Corea (sud) e Cambogia con una popolazione cinese che supera il milione. Inoltre nella nostra Italia, in Francia, Giappone, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Venezuela, Repubblica del Sudafrica, Italia, Brasile, Russia, Spagna, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Germania, India e altri Paesi si ha una popolazione cinese d’oltremare di oltre 100.000 persone.

Suddividendo per Paese e regione, oltre il 70% dei cinesi d’oltremare è concentrato nel sud-est asiatico, mentre Indonesia, Thailandia e Malaysia da sole rappresentano circa il 60% del numero totale di cinesi d’oltremare nel mondo.

Oggi, i cinesi d’oltremare, o come li definirei «la collana che si estende sulla Via della Seta», è una passerella, un collegamento tra la Repubblica Popolare della Cina e i Paesi di residenza di questi suoi figli lontani. Essi sono diventati una forza importante negli scambi culturali ed economici tra Pechino e il resto del mondo.

Giancarlo Elia Valori

Honorable de l’Académie des Sciences de l’Institut de France

Honorary Professor at the Peking University

lunedì 4 marzo 2024

Una interessante riflessione del prof. Giancarlo Elia Valori su "Cina, modernizzazione, sviluppo e nuovo ordine mondiale" tratta da Bankimpresanews

CINA, MODERNIZZAZIONE, SVILUPPO E NUOVO ORDINE MONDIALE

 riflessione del prof. Giancarlo Elia Valori tratta da

https://www.bankimpresanews.com/riflessione-elia-valori/2024/03/04/45671_cina-modernizzazione-sviluppo-e-nuovo-ordine-mondiale/

La Cina approccia al periodo delle “due sessioni”. Che significato attribuisce alle “due sessioni” e alle decisioni adottate per il governo e il popolo cinese?

Innanzitutto va detto sùbito che quest’anno ricorre il 75° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare della Cina: anno emblematico teso al raggiungimento degli obiettivi e delle attribuzioni del XIV Piano quinquennale.

Promuovere la modernizzazione è il raggiungimento maggiore che è alla base di tali progetti nazionali. Per cui la vigilia delle Due Sessioni, è un’occasione per meglio discutere le intuizioni e le idee, onde mirare al futuro quadro generale e alla direzione pratica di questi nuovi impegni, sottolineando che la modernizzazione è la guida e che tutti i centri nazionali, dall’intero partito alle singole regioni e municipalità devono concentarsi a tali scopi.

La Repubblica Popolare della Cina è un grande Paese con oltre 1,4 miliardi di abitanti e la popolazione totale supera quella dei Paesi sviluppati esistenti. La modernizzazione con una popolazione enorme, mira alla prosperità comune di tutte le etnie e persone cinesi.

Di fronte alla contraddizione tra il crescente bisogno delle persone di una vita migliore e uno sviluppo squilibrato e inadeguato, è necessario sfruttare appieno i vantaggi del sistema socialista con caratteristiche cinesi e usarli per forgiare la più ampia fiducia e forza sociale nella Cina contemporanea.

Nel corso dei recenti 75 anni la Repubblica Popolare della Cina si è trasformata da Paese povero a seconda economia mondiale, con il sistema manifatturiero più grande del globo (da quattordici anni consecutivi), con le categorie più complete e le più strutturate di supporto.

Dal XVIII Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, il Comitato Centrale del Partito, con alla direzione Xi Jinping, ha unito e guidato alla stabilizzazione dell’economia e alla promozione dello sviluppo, per combattere la povertà, controllare le epidemie, evitare i grandi disastri, rispondere alle situazioni e risolvere le crisi. L’impegno nazionale ha ottenuto risultati e ha conseguito cambiamenti storici, promuovendo e ampliando con successo le tappe della modernizzazione.

Per cui l’importante compito delle Due Sessioni Nazionali è far sì che le idee espresse recentemente dai vertici diventino volontà del Paese e azione comune delle etnie della Repubblica Popolare della Cina attraverso le procedure legali, basate sui compiti primari e la pianificazione attenta di uno sviluppo ad alta qualità.

La Cina ha sempre posto lo “sviluppo di elevato livello” tra i primi punti dell’agenda di governo, evidenziandolo come il primo e principale compito tra gli sforzi della Cina per costruire un Paese socialista moderno sotto tutti i punti di vista. Come intende il perseguimento dello “sviluppo di alto livello” nell’economia cinese? Come interpreta le sue specifiche connotazioni?

Lo sviluppo di nuove forze produttive è stato proposto dal segretario generale Xi Jinping nel settembre 2023: lo stato di produttività avanzata in cui l’innovazione gioca un ruolo di primo piano, è basilare per promuovere l’autosufficienza scientifica e tecnologica di alto livello. Anche per quanto riguarda lo sviluppo regionale coordinato, il segretario generale Xi Jinping ha allestito una serie di incontri incentrati sullo sviluppo regionale e ha tenuto discorsi importanti, guidando la direzione dello sviluppo, attraverso il pieno sfruttamento dei vantaggi di ciascuna regione, la costruzione di un assetto economico regionale con vantaggi complementari e sviluppo di alta qualità e trasformare l’energia potenziale dei divari di sviluppo nello slancio di uno avanzamento coordinato.

Alta qualità è anche la capacità di favorire uno sviluppo finanziario di notevole livello. Dalla Conferenza Centrale sul Lavoro Finanziario che propone che la finanza debba fornire servizi di alta qualità per lo sviluppo economico e sociale e alle dichiarazioni del segretario generale Xi Jinping che ha sottolineato – durante la cerimonia di apertura – la creazione di un seminario speciale sulla promozione dello sviluppo finanziario per i quadri dirigenti a livello provinciale e a livelli ministeriali che aderiscano fermamente alle caratteristiche cinesi. Per cui il contenuto rilevante delle Due Sessioni Nazionali di quest’anno sullo sviluppo finanziario di alta qualità ha attirato molta attenzione da parte di tutti i ceti sociali.

In tal senso è fondamentale migliorare ulteriormente le funzioni del mercato finanziario, consolidare le basi istituzionali e guidare il flusso di risorse finanziarie verso le industrie e le imprese che sono in linea con la direzione strategica dello sviluppo nazionale.

Continuare a migliorare la vita, il benessere delle persone e la felicità sociale sono l’obiettivo finale della promozione di uno sviluppo di alta qualità. Quanto più grave e complessa è l’economia, tanto più importante è concentrarsi sui problemi di sostentamento dei cittadini e garantire loro i mezzi di sostentamento fondamentali.

Ritengo che le due sessioni di quest’anno si concentreranno ancora sulla rivitalizzazione rurale e sul sostentamento della classe dei contadini, in particolare sull’aumento del sostegno industriale per aree rurali, nonché corsi di aggiornamento per guidare i giovani a partecipare alla predetta rivitalizzazione rurale.

Il 19 febbraio scorso, la IV riunione del Comitato centrale per l’approfondimento globale delle riforme ha lanciato un segnale importante sul lato della legislazione: «Quest’anno è un altro periodo importante per l’approfondimento globale delle riforme. Il compito principale è pianificare ulteriori riforme di approfondimento globale. Questo non è solo un seguito pratico all’approfondimento globale delle riforme dopo la III Sessione plenaria del XVIII Comitato Centrale del Partito Comunista, ma anche un nuovo capitolo nella nuova era di promozione della modernizzazione in stile cinese».

L’anno scorso, in conformità con i nuovi requisiti per approfondire globalmente le riforme nella promozione della modernizzazione in stile cinese, una serie di lavori di riforma hanno fornito slancio e vitalità, attraverso una serie di importanti misure di riforma. Si sono risolti i problemi legati ai bisogni urgenti di uno sviluppo di alta qualità e i problemi irrisolti che la gente attende con ansia. È occorso studiare e organizzare l’attuazione della riforma delle istituzioni del partito e dello Stato, migliorare il sistema di leadership, ottimizzare la ripartizione delle responsabilità istituzionali in settori chiave quali scienza, tecnologia, finanza, ecc., e i compiti di riforma a livello centrale sono stati sostanzialmente completati.

Una delle esperienze di riforma e di apertura di successo degli ultimi quarant’anni è stata quella di continuare a espandere l’autonomia delle entità del mercato e rafforzare continuamente il ruolo di esso nell’allocazione delle risorse. Nella Repubblica Popolare della Cina si è aderito alla direzione di una riforma orientata al mercato per svolgere meglio il ruolo del governo e garantire il ruolo decisivo del mercato stesso. Questo perché i rappresentanti e i membri dei comitati in generale ritengono che si debba continuare ad attuare misure di riforma che favoriscano l’espansione della domanda interna, l’ottimizzazione della struttura, l’aumento della fiducia, la garanzia del sostentamento delle persone, la prevenzione evitando i rischi e la concentrazione sulla risoluzione dei problemi più critici e urgenti.

Inoltre le imprese private rappresentano una forza importante per lo sviluppo di alta qualità cinese e un promotore attivo dell’approfondimento delle riforme e della creazione di nuove situazioni, attraverso l’introduzione di leggi e regolamenti per promuovere lo sviluppo dell’economia privata e rafforzare la fiducia e la vitalità del mercato al fine di esplorare e sbloccare le difficoltà, i punti critici e gli ostacoli nello sviluppo delle imprese private e attuare i requisiti per promuovere la loro crescita.

  1. In un momento di turbolenza economica globale, quale contributo offre, alla stabilità dell’economia mondiale, il modello di sviluppo di elevato livello della Cina?

Il mondo di oggi è intrecciato con il caos e cambiamenti secolari si stanno sgretolando, mentre i nuovi avanzano in progressione geometrica. Il mondo è entrato in un nuovo periodo di tumulto e trasformazione. Lo slancio della crescita economica mondiale è insufficiente e l’instabilità, l’incertezza e i fattori imprevedibili stanno aumentando. Dal restare indietro rispetto al mondo a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ai punti di forza nel guidare la tendenza mondiale contemporanea, si dimostra pienamente che i salti qualitativi si promuovono a vicenda.

La modernizzazione in stile cinese rappresenta una grande innovazione nella teoria e nella pratica della modernizzazione mondiale. Non esiste né un unico modello di modernizzazione né uno standard di modernizzazione universalmente applicabile nel mondo. Per molto tempo, alcuni Paesi hanno monopolizzato il discorso sulla modernizzazione e aderito alla “teoria occidentale-centrica”, sostenuto il cosiddetto Washington Consensus” e amplificato continuamente l’illusione che “la modernizzazione sia occidentalizzazione” e che “la civiltà occidentale è la civiltà moderna”, la perfetta: ove tutti sono buoni e i cattivi giacciono dall’altra parte. Alcuni dei principali Paesi occidentali affermano di avere l’economia più sviluppata e la tecnologia più avanzata al mondo, ma presentano la più grave polarizzazione tra ricchi e poveri e registrano il maggior numero di morti sul lavoro. “Liberi e democratici”, ma continuano ad esserci morti fra le minoranze etniche, femminicidi e discriminazioni contro le minoranze etniche. Vendette e divisioni sociali si sono aggravate come mai prima d’ora.

La visione del mondo, i valori, la storia, la civiltà, la democrazia popolare e socialista, l’ecologia, ecc., e le sue grandi pratiche contenute nella modernizzazione in stile cinese, rompono il mito della “modernizzazione = occidentalizzazione” e abbandonano il modello occidentale incentrato sul capitale. L’espansione del materialismo, l’abbandono della fede, l’espansione esterna (leggi: neocolonialismo e imperialismo) e il saccheggio e le guerre contro popoli inermi, stanno creando a comparativamente un nuovo modello di modernizzazione, quello cinese che fornisce una soluzione alla società umana per raggiungere pace e stabilità a lungo termine, eliminare la povertà estrema, promuovere lo sviluppo comune e rispondere a sfide come quella climatica.

La Repubblica Popolare della Cina non solo sta praticando la modernizzazione, ma sta anche intraprendendo il proprio percorso innovativo per superare gli errori e le carenze della modernizzazione in stile occidentale.

Il modello di sviluppo ad alta qualità in stile cinese offre una nuova scelta ai Paesi in via di sviluppo. Gli Stati che una volta erano chiamati del Terzo e Quarto Mondo, hanno il diritto e la capacità di esplorare in modo indipendente i propri percorsi unici verso la modernizzazione in base alle proprie condizioni nazionali. Per un certo periodo, alcuni di questi Paesi si erano illusi – ed indotti a farlo – di “imparare dall’Occidente” e hanno copiato i modelli occidentali, di conseguenza, non sono stati ovviamente in grado di adattarsi e sono caduti in un pantano di stagnazione a lungo termine nello sviluppo e nella situazione sociale, sfociate nell’instabilità politica. Indipendentemente dalle enormi differenze nei livelli di sviluppo, nella storia e nella cultura tra i Paesi, alcuni grandi Stati interferiscono arbitrariamente negli affari interni di altri, impongono loro con violenza militare e bombe sui civili i propri sistemi politici e valori agli altri, attuano la “trasformazione democratica” e pianificano “rivoluzioni colorate”, provocando disordini, conflitti e disastri umanitari: segnando col rosso del sangue le striscie di mezzeria sul loro percorso.

Dalla predetta fondazione della Repubblica Popolare della Cina, soprattutto dopo la riforma e l’apertura, sono trascorsi decenni per completare il processo di industrializzazione che i Paesi sviluppati occidentali hanno attraversato per centinaia di anni: la Cina ha creato un miracolo di rapido sviluppo economico e sociale a lungo termine, che ha condotto stabilità e ha cambiato profondamente il processo di sviluppo della storia mondiale. Il rapporto della Banca Mondiale ha sottolineato che dal 2013 al 2021, il tasso medio di contributo della Cina alla crescita economica mondiale ha raggiunto il 38,6%, superando il tasso di contributo combinato dei Paesi del G7. Per cui la pratica di successo dello sviluppo ad alta qualità in stile cinese ha dato ai Paesi in via di sviluppo nuove speranze e nuove scelte, innescando un’ondata di “guardare a est” e di “imparare dalla Cina”.

4. Il cambiamento del panorama economico ha prodotto una pressione da parte degli Stati Uniti e una tendenza al disaccoppiamento, guidata dagli Stati Uniti. Quale, secondo lei, è la questione più critica per risolvere questo problema?

Le relazioni economiche e commerciali tra Repubblica Popolare della Cina e Stati Uniti d’America, RP della Cina ed Europa, e RP della Cina, Giappone e Corea del Sud sono ancora influenzate dalla tendenza di fondo del disaccoppiamento a lungo termine. È difficile che le relazioni sino-americane ritornino all’epoca migliore, ed è arduo per la RP della Cina tornare alla fase di principale partner commerciale degli Stati Uniti d’America.

La RP della Cina è passata dall’essere il principale partner commerciale degli Stati Uniti d’America al terzo, superata da Messico e Canada. Un tempo Pechino era il principale partner commerciale della Germania, ma ora è stata superata da Washington.

Le economie sviluppate guidate dagli Stati Uniti attuano il “near-shoring” e il “friendly-shoring” per raggiungere la concorrenza e la sicurezza economica. A partire dal 2019, gli Stati Uniti d’America hanno iniziato a promuovere vigorosamente la creazione dell’area di libero scambio USA-Canada-Messico, facendo sì che gli Stati Uniti rappresentino una quota crescente di importazioni dall’area di libero scambio e l’”outsourcing quasi-shoring” “ è diventata una tendenza alternativa.

Il termine “friendly outsourcing” si riferisce ad alleanze di “outsourcing” della catena industriale stabilite con alleati con richieste politiche e modelli di governance simili per raggiungere quella che considerano la sicurezza della catena industriale.

La tendenza del “near-shoring” e del “friendly-shoring” promossa dagli Stati Uniti frenerà, nel breve termine, la globalizzazione e avrà un impatto su giganti come la RP della Cina che hanno una posizione importante nella catena dell’industria manifatturiera globale.

Inoltre un altro punto ostico è la guerra tecnologica e le restrizioni al trasferimento di tecnologia avanzata. Le recenti relazioni sino-statunitensi non hanno raggiunto un consenso sostanziale, ma hanno unicamente visto una svolta sulla questione fondamentale della prevenzione di conflitti feroci. Considerando l’intero anno 2024, si ritiene che le restrizioni alla guerra tecnologica e al trasferimento di tecnologie avanzate non verranno allentate, ma diventeranno solo più stringenti: si tratta di una richiesta fondamentale inarrestabile nell’ondata di anti-globalizzazione politica.

Va detto pure che le economie sviluppate dovrebbero passare dalla debolezza alla realtà e incoraggiare la rivitalizzazione dell’industria manifatturiera. I forti legami interni compensano le carenze e prevengono il rischio di rimanere bloccati. Le economie sviluppate stanno rilanciando l’industria manifatturiera, impedendo ai giganti industriali con al centro le aziende cinesi di migliorare il loro contenuto tecnologico e di acquisire più quote nella catena industriale.

Sotto l’ondata di globalizzazione che dura da decenni, la profonda divisione del lavoro ha trasformato in perdenti molte classi medie e basse delle economie sviluppate, e le richieste politiche anti-globalizzanti sono diventate sempre più intense. In tale contesto, i Paesi sviluppati stanno promuovendo su larga scala il “reshoring” e la rivitalizzazione, e dall’altro continuano a consolidare i loro vantaggi in campo tecnologico. Come contromisura, la RP della Cina promuoverà catene forti per colmare le carenze, promuovere il ricambio interno e prevenire il rischio di colli di bottiglia.

In primo luogo, la tendenza alla frammentazione della catena di approvvigionamento industriale globale, riduce l’efficienza dell’allocazione globale delle risorse e fa aumentare i costi di produzione di varie materie prime, spingendo così lentamente verso l’alto l’inflazione globale.

Se tutte le economie del mondo costruissero le stesse fabbriche e fabbricassero gli stessi prodotti, ci sarebbe un grave eccesso di capacità e una grave duplicazione delle risorse. La tendenza alla frammentazione e alla duplicazione degli investimenti nelle risorse infatti sta riducendo l’efficienza dell’allocazione delle risorse globali e, in definitiva, aumenta il costo di produzione delle materie prime.

Un gran numero di materie prime originariamente dovevano essere prodotte solo nei distretti industriali cinesi ed esportate negli Stati Uniti. Ma ora la RP della Cina produce materie prime di base e le esporta in Vietnam o in Messico e poi negli Stati Uniti. In questo processo, la catena industriale intermedia si è allungata del 30%, il che ha fatto aumentare il costo di produzione delle merci e rallentato la consegna efficiente dei beni. Oltre alle tendenze a lungo termine sopra menzionate, tra le cause figurano anche le crisi energetiche e le carenze materiali causate da guerre e conflitti regionali.

La stagnazione della crescita è dovuta al forte ciclo del dollaro USA che ha portato a un declino della crescita economica globale. I continui conflitti geopolitici hanno influenzato anche la crescita economica globale, che ha continuato a diminuire.

Gli Stati Uniti alzano i tassi di interesse sul dollaro americano, e il dollaro torna a essere importante a livello globale. Il ciclo forte del dollaro statunitense e il suo modello di raccolta causeranno un declino dell’intera crescita economica globale. La velocità di sviluppo dei Paesi quali Vietnam, India, ecc. diminuiranno, così come il tasso di crescita delle economie sviluppate tali il Giappone e l’Europa.

Per cui le economie sviluppate, guidate da Stati Uniti d’America con al traino l’Europa, stanno alzando significativamente i tassi di interesse per frenare l’inflazione. Stimiamo che il tasso di inflazione globale rimarrà intorno al 4% nel 2024: un livello ancora elevato.

Questa situazione di stagflazione – ossia quando sono contemporaneamente presenti nello stesso mercato sia un aumento generale dei prezzi, sia una mancanza di crescita dell’economia – in termini reali non è un buon segnale per l’economia globale nel 2024. Le Nazioni Unite hanno recentemente previsto che il tasso di crescita economica globale nel 2024 rallenterà dal 2,7% nel 2023 al 2,4% nel 2024; ed è di gran lunga inferiore al tasso di crescita medio del 3% prima dell’epidemia, e rappresenta un calo molto netto.

In definitiva la ragione principale deriva dall’intensificazione del disaccoppiamento e della duplicazione dell’allocazione delle risorse, che si traduce in un calo dell’efficienza economica globale, oltre che dal forte status ciclico del dollaro statunitense, che ha un effetto repressivo sull’economia globale.

5. Perché è stato costante il racconto dell’Occidente del “crollo economico della Cina” e “l’economia cinese ha raggiunto il suo picco?”

La posizione preminente della RP della Cina nella produzione industriale ha attirato l’attenzione di tutto il mondo, in particolare il suo grande successo nel fornire beni di alta qualità e a basso prezzo ai consumatori di tutto il mondo. Come abbiamo già detti la RP della Cina è attualmente il più grande Paese manifatturiero del mondo e la sua industria continua ad espandersi, aiutando la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo, e non solo, ad aver resistito e resistere all’impatto del rallentamento della crescita economica causato dall’epidemia di COVID-19.

Lo sviluppo dell’industria manifatturiera e di altre aree produttive ha migliorato l’immagine della Cina in patria e all’estero , ma ha anche attirato alcune dure e irragionevoli critiche vecchio stile da parte degli Stati Uniti d’America e dei propri caudatari. Colpire la RP della Cina sembra essere diventata una tradizione politica nei rapporti dei Paesi occidentali con l’Impero di Mezzo, e di tanto in tanto si ripete la stessa vecchia melodia. I Paesi occidentali di solito usano trucchi per fabbricare e distorcere i fatti dal nulla per attaccare e diffamare l’immagine della RP della Cina, ma non menzionano mai il suo contributo; preferendo porre in evidenza il “missionaresimo” occidentale nel portare il “mondo libero” al di là con bombe intelligenti e massacri, nonché provocare guerre periferiche per non porre in crisi la propria produzione bellica.

Recentemente, il presidente statunitense George Biden e il segretario al Tesoro americano Janet Yellen hanno usato rispettivamente i termini “bomba a orologeria” e “fattori di rischio per l’economia statunitense” per commentare l’economia cinese. Secondo loro, il governo cinese guidato dal presidente Xi Jinping, non è riuscito a portare prosperità al Paese di 1,4 miliardi di persone, mentre la sua strategia economica finora è stata in gran parte speculativa piuttosto che basata su proiezioni realistiche.

Sebbene gli Stati Uniti d’America siano ben consapevoli degli sforzi della RP della Cina per risolvere il problema della disoccupazione urbana e rurale, della produzione alimentare e dello sviluppo industriale per eliminare con successo la povertà, quegli attacchi verbali infondati continueranno a verificarsi, qualunque cosa accada. In effetti, gli sforzi del presidente Xi Jinping hanno consentito all’economia cinese di continuare a crescere, mantenendo la promessa dei fondatori della Repubblica Popolare Cinese, rendendola Cina migliore giorno dopo giorno.

L’implicazione della retorica dei politici statunitensi è che – considerando il contributo dell’industria manifatturiera cinese alla produzione e al consumo globale – l’economia cinese una volta crollata avrà un impatto negativo su tutti, e lo sviluppo economico e sociale della maggior parte dei Paesi del mondo si troverà ad affrontare questioni di cui gli stessi Stati Uniti d’America e i Paesi occidentali non ne saranno immuni. I predetti politici hanno ripetutamente ricordato ai cittadini i pericoli e rammentati loro la loro esperienza durante la pandemia di coronavirus, quando la produzione industriale in Cina ha rallentato e le catene di approvvigionamento globali sono state interrotte, facendo aumentare l’inflazione e riducendo i redditi.

Le statistiche invece dimostrano – a parità di Covid-19 per tutti – che l’industria manifatturiera cinese rappresenta oltre il 28% del totale mondiale, mentre gli Stati Uniti d’America sono a circa il 16%. Inoltre, secondo i dati del Brookings Institution – centro di ricerca senza scopo di lucro, fondato nel 1916 con sede centrale a Washington D.C. – la RP della Cina ha mantenuto un reddito annuo di oltre due trilioni di dollari statunitensi dal 2018, il che dimostra pienamente i risultati raggiunti da Pechino nella governance economica a fronte di un’enorme incertezza globale. Inoltre, il governo cinese insiste nell’essere incentrato sulle persone, concentrandosi su uno sviluppo di alta qualità, perseguendo basse emissioni di carbonio, innovazione e sostenibilità e migliorando costantemente l’ambiente rurale e gli standard di vita delle persone.

Dovremmo anche renderci conto che la performance economica non può essere statica: la cosa più importante è migliorare continuamente la capacità di gestione e controllo del rischio, essere sempre pronti ad affrontare – come dicono i cinesi – i cigni neri e i rinoceronti grigi e allo stesso tempo ottimizzare la produzione e la distribuzione. L’economia cinese, infatti, continua a migliorare: nella prima metà del 2023, il PIL cinese era cresciuto del 5,5%; e nell’agosto dello stesso anno, il valore aggiunto industriale è aumentato del 4,5%. Sia nel breve che nel lungo termine, l’economia cinese manterrà lo slancio di crescita.

È evidente che i politici occidentali – chi per posizione di potere e chi per timore di ritorsioni da parte di Metropolis – distorcono i fatti e diffamano l’economia cinese perché considerano la Cina come un “alieno” che non segue né aderisce al percorso di sviluppo politico ed economico dell’Occidente: per cui si tratta essenzialmente della trita e ritrita storia hollywoodiana: “Qui ci sono i buoni” e “Lì ci sono i cattivi”; chiamarla una disputa ideologica sarebbe troppo elogio.

In effetti abbiamo assistito alla forte resilienza dell’economia cinese sotto la guida del presidente Xi Jinping e, anche di fronte a enormi incertezze come l’epidemia di COVID-19, la RP della Cina ha mantenuto la sua posizione di primo Paese manifatturiero. Pertanto, la propaganda dei Paesi occidentali che offusca l’immagine della RP della Cina è fuorviante: questo tipo di metodo politico che spera di utilizzare le questioni internazionali per deviare i conflitti interni è ormai obsoleto da tempo nel mondo di oggi.

6. La Cina è da tempo una forza trainante della ripresa economica mondiale, questa tendenza continuerà nel 2024? Confida in questa prospettiva?

Cito il Fondo monetario internazionale che ha recentemente alzato le sue previsioni di crescita per l’economia cinese e le economie asiatiche emergenti nel 2024. Allo stesso tempo, sulla base della crescita resiliente delle principali economie come la stessa RP della Cina, il FMI ha aumentato le sue previsioni di crescita economica globale per quest’anno di 0,2 punti percentuali, portandole al 3,1%. Il FMI ha sottolineato che la revisione al rialzo delle previsioni di crescita economica della RP della Cina riflette la continuazione dello slancio di crescita dell’economia cinese superiore alle attese lo scorso anno e il ruolo trainante dell’introduzione da parte del governo cinese di politiche pertinenti.

Il Fondo monetario internazionale ha dichiarato nel suo ultimo “World Economic Outlook Report” che la crescita economica globale probabilmente vedrà un’ulteriore tendenza al rialzo nel 2024. Tra i fattori principali figura l’accelerazione della ripresa economica della RP della Cina.

Le aspettative ottimistiche per la crescita economica della RP della Cina hanno inoltre rafforzato la fiducia nella crescita economica regionale. Il FMI prevede che, poiché la crescita economica della RP della Cina potrebbe superare le aspettative, il tasso di crescita economica complessiva delle economie emergenti in Asia dovrebbe raggiungere il 5,2% quest’anno, 0,4 punti percentuali in più rispetto alle previsioni dell’ottobre dello scorso anno.

Non solo il FMI, ma anche istituzioni finanziarie internazionali come Goldman Sachs e UBS Group AG (una società svizzera di servizi finanziari con sede a Zurigo e Basilea) hanno recentemente pubblicato rapporti in cui si afferma che i settori dei consumi e dei servizi cinesi continueranno il trend di ripresa post-epidemia nel 2024. L’Economist Intelligence Unit britannico e altri prevedono che i fondamentali economici della Cina saranno più solidi nel 2024.

Sonali Jain-Chandra, capo della delegazione del FMI nella RP della Cina per il rapporto di consultazione dell’Articolo IV, ha detto ai giornalisti che le politiche attuate dal governo cinese avranno un impatto positivo sull’economia, aggiungendo che la ricerca relativa al FMI mostra che ogni punto percentuale di crescita economica della RP della Cina spingerà la crescita economica di altri Paesi di 0,3 punti percentuali. Ritiene che la crescita economica della RP della Cina sarà ancora superiore alla media globale nel 2024 e che la Cina sarà il principale contributore alla crescita economica globale nel 2024.

Basti questo.

Giancarlo Elia Valori 

https://www.bankimpresanews.com/riflessione-elia-valori/2024/03/04/45671_cina-modernizzazione-sviluppo-e-nuovo-ordine-mondiale