venerdì 5 aprile 2024

La Cina e la sua lotta per la pace e lo sviluppo, secondo lo studioso britannico Carlos Martinez. Articolo di Luca Bagatin


Che la Repubblica Popolare Cinese sia oggetto spesso di pregiudizio da parte di coloro i quali poco hanno approfondito la sua Storia, cultura, politica e tradizione, è cosa nota.

Del resto ogni aspetto che non si conosce viene sempre osservato o con pregiudizio o con curiosità.

Coloro i quali hanno una mente aperta e preferiscono la curiosità al pregiudizio, hanno, a mio avviso, sempre una marcia in più.

E potrebbero scoprire ad esempio che la Cina coniuga socialismo classico, filosofia confuciana e apertura al mercato, mantenendo un equilibrio fra questi aspetti e, di fatto, promuove una forma di riformismo, certamente diverso da quello Occidentale (come è giusto che sia, visto che ogni Paese ha la sua propria Storia, mentalità e tradizione), ma che merita di essere conosciuto e approfondito.

E, per approfondire meglio la Storia, cultura, politica e tradizione, abbiamo a disposizione moltissimi saggi e documenti, in particolare di ottimi autori e studiosi italiani quali la prof.ssa Daniela Caruso, il prof. Fabio Massimo Parenti, Diego Angelo Bertozzi, il prof. Giancarlo Elia Valori e, negli USA, di personalità del calibro della professoressa Deborah Bräutigam.

Solo per citarne alcuni.

Altro studioso interessante in merito è Carlos Martinez, ricercatore britannico e attivista politico londinese. Autore, peraltro, del saggio “The East is Still Red – Chinese Socialism in the 21st Century” (Praxis Press), oltre che studioso delle società socialiste passate e presenti e co-editore del sito Friends of Socialist China.

Carlos Martinez ha tenuto, recentemente, diverse conferenze sia a Manchester che a Brighton, proprio sul tema della strategia globale della Cina, partendo proprio dal fatto che spesso la Cina è oggetto di pregiudizio, sia da parte dei media mainstream che da parte di una certa parte della sinistra, che finisce per considerare la Cina un Paese “imperialista”, tanto quanto gli USA.

Il testo delle conferenze è riportato proprio nel sito dell'associazione Friends of Socialist China.

Martinez sottolinea, fra le altre cose, come la leadership cinese chieda semplicemente di “costruire una comunità globale di futuro condiviso, con l’obiettivo di creare un mondo aperto, inclusivo, pulito e bello, che goda di pace duratura, sicurezza universale e prosperità comune”. Promuovendo “costantemente il suo impegno a favore della multipolarità; alla pace; alla massima cooperazione reciprocamente vantaggiosa in materia di sviluppo economico e di lotta al cambiamento climatico, alle pandemie e alla minaccia di una guerra nucleare; lavorare nel contesto della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale a sostegno della coesistenza pacifica”.

Carlos Martinez in particolare sottolinea come già il leader socialista riformista cinese Deng Xiaoping, nel 1984, sostenesse che “L’ultima cosa che la Cina vuole è la guerra. La Cina vuole svilupparsi; non può farlo senza un ambiente pacifico”. E come l'attuale Presidente cinese, Xi Jinping, sottolinei come “Senza pace, nulla è possibile. Il mantenimento della pace è il nostro più grande interesse comune e l’aspirazione più cara dei popoli di tutti i Paesi”.

Carlos Martinez, confrontando l'esperienza degli Stati Uniti con quella della Cina fa presente che: “Gli Stati Uniti stanno conducendo una guerra permanente: una guerra contro il multipolarismo, una guerra contro la sovranità, una guerra contro il socialismo. Una guerra per proteggere ed espandere il proprio dominio sui mercati mondiali, sulle risorse naturali, sulla terra e sul lavoro. La guerra di Corea, la guerra del Vietnam, i bombardamenti a tappeto di Laos e Cambogia, la guerra in Iraq, la guerra in Afghanistan, le guerre per il cambio di regime in Jugoslavia, Libia e Siria. Fanno tutti parte dello stesso progetto di imperialismo, di dominio, di egemonismo”. (…). E prosegue nel descrivere i conflitti nei quali gli USA sono attualmente coinvolti.

La Cina, invece, non fa guerre da oltre quattro decenni. Le forze armate cinesi non hanno sganciato una sola bomba in tutto questo tempo. E il bilancio della Repubblica Popolare in generale è stato straordinariamente pacifico”.(...)

Come dobbiamo comprendere queste differenze? Perché la Cina costruisce dove gli Stati Uniti bombardano? Il problema non è semplicemente che i cinesi bevono più tè al gelsomino e praticano più qi gong. Il fatto è che il successo economico della Cina si fonda su un quadro di socialismo, di proprietà pubblica e di soddisfazione dei bisogni della gente, anziché essere diretto esclusivamente all'aumento dei margini di profitto delle grandi imprese”.

Ma, come mai l'approccio cinese è tanto diverso rispetto agli USA o ad altri Paesi europei (spesso ex colonialisti)?

Martinez risponde in questo modo: “L’ascesa della Cina non è stata costruita sulla base del colonialismo o dell’imperialismo, ma si basa sul duro lavoro del popolo cinese e su una politica economica straordinariamente lungimirante, essa stessa un prodotto della leadership comunista e del fatto che la classe capitalista non tiene le redini del potere in Cina”.

La Cina sembra dunque voler unire il Sud del mondo nella lotta contro l'imperialismo, che è peraltro aspetto che già la vide protagonista ai tempi della Guerra Fredda. Tempi in cui, pur non aderendo ufficialmente al Movimento dei Paesi non allineati, guardava a quei Paesi del Terzo Mondo alternativi rispetto all'imperialismo statunitense e a quello sovietico.

La Cina si oppone all’imperialismo perché ha sofferto sotto l’imperialismo” - sostiene Carlos Martinez - “La Cina non vuole la guerra e non ha nulla da guadagnare dalla guerra. La spesa militare pro capite della Cina è circa 20 volte inferiore a quella degli Stati Uniti. E sebbene la Cina sia anche una potenza nucleare, possiede circa 350 testate nucleari, rispetto alle cinquemila e mezzo degli Stati Uniti”.

La Cina ha peraltro incorporato “lo sviluppo pacifico nella sua Costituzione” e, come sottolineato dal Ministro degli Esteri cinese Wang Yi, è “l'unico Paese tra gli Stati dotati di armi nucleari a impegnarsi a non utilizzare per la prima volta le armi nucleari”.

La Cina è molto coerente nel sostenere la risoluzione pacifica delle controversie internazionali ed è molto attenta a non esacerbare i conflitti esistenti”, fa presente Carlos Martinez nel suo intervento. Aggiungendo come essa riconosca che “soprattutto i Paesi del Sud del mondo hanno un interesse comune ad opporsi all’imperialismo, difendere la sovranità e perseguire uno sviluppo pacifico”.

E, il modo migliore per difendere la sovranità è la multipolarità e, sottolinea Martinez, “la sovranità creerà spazio affinché i diversi popoli esplorino i propri percorsi verso il socialismo”.

Martinez conclude la sua relazione sottolineando come “Le classi politiche occidentali sono ancora sotto shock di fronte all'ascesa della Cina. Pensavano davvero che, con il crollo dell’Unione Sovietica, il cosiddetto capitalismo liberale avesse avuto la meglio, che fosse arrivata la “fine della storia”. Presupponevano che la Cina avrebbe seguito la traiettoria dell’Unione Sovietica, o avrebbe tranquillamente accettato una posizione di subordinazione permanente nel sistema imperialista guidato dagli Stati Uniti”.

Mentre oggi “la Cina è la più grande economia del mondo in base a qualsiasi misura sensata; è il principale partner commerciale di due terzi dei paesi del mondo; la sua gente vive sempre meglio; la sua aspettativa di vita ha superato quella degli Stati Uniti; ed è diventata una forza trainante verso la creazione di un sistema di relazioni internazionali più giusto, più equo e più democratico”.

Luca Bagatin

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domenica 31 marzo 2024

Pace - Paz - Paix - Peace - שָׁלוֹם - سلام - мир - 和平


Non sono cristiano, né cattolico.
Non amo le religioni e le considero assurdità pestilenziali.
Sono teosofo e i miei principi sono massonici e garibaldini, fin da quando ero ragazzino.
Non festeggio, pertanto, la pasqua.
Credo nella sacralità del dialogo e mi schiero dalla parte del buonsenso, della ragionevolezza e dell'amore universale, senza distinzioni!

Luca Bagatin

mercoledì 27 marzo 2024

"Pace Terra Dignità", una lista rosso-bianca per la democrazia in Europa. Articolo di Luca Bagatin

Michele Santoro non è mai stato nelle mie corde. Ha una storia politica e giornalistica molto diversa dalla mia e su un mucchio di cose la pensiamo diversamente.

Però penso sia in buona fede e penso che la lista che sta promuovendo per le elezioni europee – PACE TERRA DIGNITA' - abbia un buon programma. Uno di quelli che non si leggevano da anni.

Mi piace anche il simbolo, con al centro una colomba della pace. Io stesso fui candidato, due volte, moltissimi anni fa, con liste di area laico-socialista-ambientalista, con la colomba della pace per simbolo.

Un simbolo i cui colori prevalenti sono il rosso e il bianco.

I colori rosso e bianco, sono peraltro gli stessi del simbolo del pensatoio che lanciai nel 2013, “Amore e Libertà” (con al centro l'eroina dei Due Mondi Anita Garibaldi), e direi che hanno un significato molto profondo. Il rosso è il simbolo del socialismo e della passione; il bianco quello della purezza del cuore e della democrazia.

Nel 2019 pubblicai il saggio socio-politico “Amore e Libertà – Manifesto per la Civiltà dell'Amore” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/490308/amore-e-liberta), che definii, non a caso, il manifesto del “rossobianchismo”. Un movimento politico e artistico socialista e democratico, contro ogni totalitarismo, per la democrazia autentica.

Nella lista promossa da Santoro vedo molto di quello spirito.

Che è uno spirito fatto di richiesta di pace, disarmo, promozione dei diritti sociali, speranza per un futuro che non riusciamo ancora a vedere.

Ci sono alcuni passaggi del programma di PACE TERRA DIGNITA' (leggibile interamente a questo link: https://michelesantoro.it/2024/03/per-un-programma-elettorale-di-pace-terra-dignita/), che vorrei qui sottolineare:

La Pace non solo è assenza di violenza delle armi e di pratiche di guerra, vuol dire non rapporti antagonistici né sfide militari o sanzioni genocide tra gli Stati, mettere la diplomazia al primo posto, implica prossimità e soccorso a tutti i popoli nei momenti di difficoltà”;

Noi non consideriamo la politica, nemmeno le elezioni, come lo scontro tra Amico e Nemico. Per questo partecipiamo ad esse non per vincere seggi ma per sottrarre l’Europa alla guerra e invitare tutte le forze politiche a riconoscersi in ciò che è essenziale per tutti e ad esplorare le strade verso un altro mondo possibile”;

Noi vogliamo un’Europa che sia un insieme di comunità pacifiche e aperte al mondo, indipendente, amica ma non succube degli Stati Uniti e di alcuna altra potenza, rispettosa delle diversità, protagonista in un mondo multipolare, non sottoposta al dominio di un sovrano assoluto che si arroghi la missione del guardiano universale.

Essa deve sottrarsi alla logica dei blocchi e del vassallaggio nei confronti del più forte, che sacrifica i propri agli interessi altrui. L’Europa deve collaborare con la Russia, con la Cina e i Paesi che compongono l’arcipelago dei Brics”.

Molti altri sono i punti interessanti.

E' lo spirito dei sinceri e autentici socialisti europei quali Mick Wallace, Jeremy Corbyn, Jean-Luc Mélenchon e George Galloway. Uno spirito democratico, laico e civile che ritrovavo nel Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi e nei valori di esponenti socialisti, azionisti e democratici quali Piero Calamandrei, Ferruccio Parri, Camillo Berneri, Mario Bergamo, i fratelli Rosselli, Mario Zagari, Luigi Mariotti e molti altri dei partiti laico-socialisti dei bei tempi andati, che hanno fatto parte della mia formazione intellettuale e politica.

Lo spirito della lungimiranza, della civiltà e della democrazia, che è andata perdendosi, in questi folli e irresponsabili anni, nell'Italia e nell'Europa di oggi.

Non so ancora se andrò a votare, alle prossime elezioni europee. Ciò che so è che PACE TERRA DIGNITA' merita una firma ed è forse l'unica lista che, se sarà presente, meriterà anche il voto.

Luca Bagatin

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lunedì 25 marzo 2024

L'Argentina in piazza contro le follie antidemocratiche di Milei. Articolo di Luca Bagatin

 

Che il Presidente liberal capitalista dell'Argentina, Javier Milei, sia un pericolo per la democrazia e la stabilità nel suo Paese lo si poteva capire sin dalla sua sgangherata discesa in campo, nell'autunno scorso.

Una discesa in campo contro il peronismo e il socialismo, che hanno saputo garantire, storicamente, democrazia, diritti civili, diritti sociali e stabilità, a differenza delle follie liberali e capitaliste che – laddove governano – portano unicamente distruzione e negazione della democrazia, in tutto il Mondo, dagli USA all'UE sino alla Russia putiniana liberal capitalista, appunto.

L'Argentina democratica e peronista, con in testa le Madri di Plaza de Mayo, è scesa in piazza, il 24 marzo scorso, marciando contro Milei, che sta distruggendo lo stato sociale argentino, smantellando l'apparato pubblico, oltre che negando l'esistenza della sanguinaria e terrorista dittatura militare che governò il Paese, dal 1976 al 1983. E ciò lo sta facendo persino con discutibili spot televisivi.

Decine di migliaia le persone scese in piazza – fra le quali attivisti per i diritti umani, sindacalisti, militanti peronisti e di sinistra, ma anche persone comuni - in difesa della democrazie nelle grandi città del Paese, con lo slogan “Never More” (Mai Più).

Milei giustifica le azioni dello Stato argentino durante il regime militare. Quello che ha fatto scomparire migliaia di dissidenti (i cosiddetti desaparecidos), rapito bambini, compiuto violenze e torture.

Quel regime antiperonista e antisocialista – retto dal criminale Jorge Videla – che solo negli Anni 2000, grazie alla Presidenza del peronista di sinistra Nestor Kirchner, fu dichiarato criminale e da perseguire (ben 1200 persone legate al regime militare furono condannate) e Videla – che non volle mai svelare l'identità delle sue vittime - fu condannato a due ergastoli e 50 anni di carcere.

Milei si permette di mettere in dubbio il terrorismo della dittatura militare e il numero dei desaparecidos, che furono almeno 30.000.

Milei giustifica quel regime criminale e sembra prepararne uno nuovo, il suo.

La Presidente delle Nonne di Plaza de Mayo, la 93enne Estela de Carlotto (la cui figlia, Laura Estela Carlotto fu rapita e fatta sparire dal regime militare, mentre era in attesa di suo figlio, alla fine del 1977), ha dichiarato, che Milei “E' un personaggio strano. Facciamo qualcosa per fare in modo che cambi o che se ne vada via presto, una delle due cose”, aggiungendo che “Bisogna stancarlo affinché se ne vada”.

Cosa che i sinceri democratici di tutto il mondo dovrebbero augurarsi.

Purtroppo non sempre, anzi forse di rado, le elezioni cosiddette “democratiche” (ma davvero le elezioni sono uno strumento democratico, visto che nella Storia hanno portato al potere le peggiori dittature? La democrazia autentica, diretta, è un'altra cosa, direi) hanno portato al governo figure lungimiranti.

In Argentina solo il peronismo storico e quello più recente di sinistra, dei coniugi Nestor e Cristina Kirchner, ha saputo garantire quella democrazia sociale e civile di cui il Paese, tutta l'America Latina e tutti coloro i quali anelano alla democrazia, hanno bisogno.

La grande Evita Peron, all'indomani di una sconfitta disse: “Torneremo e saremo milioni”.

Luca Bagatin

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domenica 24 marzo 2024

Alcune riflessioni su Xianggang (detta Hong Kong). Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori (tratto da Bankimpresanews)

 

 
L’imperialismo nelle sue forme più orrende – che sono colonialismo e neocolonialismo – perde il pelo ma non il vizio.

Le recenti vicende relative all’approvazione di una legge da parte del Consiglio legislativo (parlamento) di Xianggang (storpiata dai colonialisti con lo scimmionesco nome di Hong Kong) sta scatenando la furia di molti occidentali. Essi non solo credono che Xianggang sia ancora una colonia britannica, ma quando si rinvengono che da ventisette anni è stata ceduta pacificamente e malvolentieri da Londra a Pechino, vorrebbero che l’Occidente continuasse a dettare le proprie regole in barba al popolo cinese, e agli stessi membri del Consiglio legislativo, espressione dei cittadini di Xianggang.

Facciamo un salto indietro e tuffiamoci nella storia per dire come mai il Porto Profumato d’Incenso sia finito nelle mani avide, sporche e insanguinate degli imperialisti britannici.

Tutto iniziò quando la Gran Bretagna mosse le due guerre dell’oppio (1839-42, 1856-60) per avere non solo la possibilità ma il diritto di esportare droga nell’Impero di Mezzo: l’Inghilterra prima pusher autorizzata dalla forza delle sue armi che servivano per vendere oppio ai cinesi – droga raffinata e perfezionata attraverso l’India, ridotta allo stato di appendice della regina Vittoria.

Hong Kong fu fondata come colonia dell’Impero britannico dopo che la dinastia Qing cedette l’isola di Xianggang nel 1841-1842 in conseguenza della perdita della prima guerra dell’oppio che umiliò l’Impero di Mezzo. La colonia si espanse nella penisola di Jiulong (Kowloon) nel 1860 e fu ulteriormente estesa quando il Regno Unito ottenne un contratto di locazione per 99 anni dei Nuovi Territori nel 1898.

Due anni dopo una forza multinazionale composta da: Austria-Ungheria, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti d’America sbarcò in Cina per reprimere la rivolta anticolonialimperialista dei Boxer. Ad essa seguirono numerosi abusi, uccisioni sommarie e stupri contro la popolazione civile cinese, nonché da saccheggi di oggetti d’arte (molti dei quali portati in Europa).

Quando le truppe alleate si trasferirono da Pechino nelle campagne della Cina settentrionale, giustiziarono un numero imprecisato di persone accusate o sospettate di essere o somigliare ai ribelli Boxer. Mentre gli alleati erano a Pechino, saccheggiarono i palazzi, gli yamen e gli edifici governativi, infliggendo una perdita incalcolabile di cimeli culturali, libri di letteratura e storia (incluso il famoso Yongle Dadian) e danni al patrimonio culturale (inclusa la Città Proibita), il Palazzo d’Estate, Xishan, e il Vecchio Palazzo d’Estate.

Furono saccheggiati più di tremila Buddha in bronzo placcato d’oro, 1.400 prodotti artistici e 4.300 bronzi nel tempio Songzhu. La placcatura d’oro sui serbatoi di rame davanti ai palazzi della Città Proibita fu raschiata via dalle truppe alleate, lasciando segni di graffi che possono essere visti anche adesso. Lo Yongle Dadian, compilato da 2.100 studiosi durante il periodo Ming Yongle (1403-1408), con un totale di 22.870 volumi, era stato parzialmente distrutto durante la seconda guerra dell’oppio nel 1860. Successivamente fu raccolto nel Palazzo Imperiale della strada di Nanchizi. Però fu trovato e distrutto completamente dall’alleanza nel 1900. Parte dello Yongle Dadian fu utilizzata per la costruzione di fortificazioni.

La Biblioteca completa dei quattro tesori (o Siku Quanshu) fu compilata da 360 studiosi durante il periodo Qing Qianlong. Raccoglieva 3.461 libri antichi, per un totale di 79.309 volumi. Una parte di questi fu distrutta nel 1860 durante la seconda guerra dell’oppio. Altri diecimila e più volumi furono devastati nel 1900 dall’Alleanza delle Otto Nazioni. L’Accademia Hanlin ospitava una collezione di libri preziosi, libri della dinastia Song, materiale letterario e storico e dipinti preziosi. L’Alleanza delle Otto Nazioni saccheggiò anche queste collezioni. Alcuni di questi libri, rubati al popolo cinese, restano tuttora custoditi con vergogna nei musei di Londra e Parigi, senza che nessun intellettuale chieda siano restituiti al popolo cinese-

L’alleanza fu sciolta dopo la firma, nel 1901, del protocollo dei Boxer – dopo due anni di combattimenti – accordo oggi compreso nei trattati ineguali imposti con la violenza.

E oggi gli eredi “multicolor” degli stessi imperialcolonialisti ladri, assassini, stupratori e grassatori, tornano con parola di libertà e democrazia: la loro, con la speranza di continuare a sfruttare Xianggang a proprio comodo e piacere.

Per quanto riguarda la nuova legislazione sulla salvaguardia della sicurezza nazionale a Xianggang, le incomprensioni e le polemiche di alcuni si concentrano principalmente su questi punti:

1) il processo legislativo è troppo veloce;

2) la nuova ordinanza è troppo severa e alcune disposizioni sono troppo ambigue, dando ampio spazio alle spiegazioni e conferendo così maggiori poteri alle forze dell’ordine;

3) la legge viola i principi dei diritti umani e può ostacolare le imprese straniere e mettere in pericolo gli stranieri che vivono a Xianggang;

4) la legge spinge ulteriormente Xianggang a perdere unicità e competitività nel mondo, rendendola una città che non ha alcuna differenza con le altre città della Cina continentale.

Rispondiamo:

1) Se c’è l’accordo dei membri del Consiglio legislativo non si capisce perché sia troppo veloce; è ridicolo specie a dirlo in Italia, ove i cittadini si lamentano per la lunghezza eccessiva degli iter giurisprudenziali, processuali e burocratici.

2) Non è di terzi giudicare la severità e il merito delle leggi di un altro Paese, ma è il suo popolo che si esprime attraverso le istituzioni rappresentative; e questo lo afferma il diritto internazionale; a meno di intervenire con bombardamenti umanitari e armi sofisticate per far cambiare idea ai popoli; del resto sì facendo eliminerebbero del tutto le forze dell’ordine a Xianggang come dai predetti auspicato.

3) La violazione dei diritti umani, il cui primo è la vita, va chiesta alla gente di Dresda, Hiroshima, Nagasaki; ai popoli di Vietnam, Iraq, Afghanistan e a quelli di Africa e di altre parti del mondo, quali carne da cannoni dell’industria bellica occidentale.

4) Perché i cinesi non dovrebbero renderla una città che non ha alcuna differenza con le altre città della Cina continentale? La risposta è molto semplice: affinché resti un’enclave dell’imperialismo, o addirittura si trasformi in una base militare della NATO. Xiannang è cinese, ma gli imperialisti desiderano che resti tale solo in ristoranti, cartoline e souvenir per occidentali in vacanza alla ricerca di emozioni, e per gli affaristi-militaristi dal volto “umano” e “democratico”.

Questa legislazione salvaguarda la sicurezza nazionale è in linea con la pratica internazionale. Tutti i Paesi del mondo attribuiscono grande importanza alla legislazione sulla sicurezza nazionale, la quale è legata alla sopravvivenza di uno Stato. Xiannang è una Regione amministrativa speciale della Repubblica Popolare della Cina – e non di altri e ha la responsabilità costituzionale di salvaguardare la sicurezza nazionale.

Attraverso la legislazione dell’Articolo 23 della Legge fondamentale, Xianggang può integrare le disposizioni legali locali relative alla sicurezza nazionale, assorbire le nuove disposizioni internazionali sui crimini legati alla sicurezza nazionale e costruire un sistema giuridico completo per salvaguardare la sicurezza nazionale. Solo in questo modo e senza interferenze esterne, Xianggang potrà acquisire fiducia, sviluppare la propria economia in tutta tranquillità e mantenere prosperità e stabilità a lungo termine.

La sicurezza nazionale è la pietra angolare dello sviluppo di Xianggang, in quanto non ci sarà alcun conflitto tra la sicurezza nazionale e gli interessi pubblici. La ragione è semplice: non esiste alcun interesse pubblico in questo mondo che possa mettere in pericolo la sicurezza nazionale. Se mette in pericolo la sicurezza nazionale, non può nell’interesse pubblico.

L’Articolo 23 della Legge fondamentale aggiunge alcuni crimini in base alle esigenze della situazione attuale: è lungimirante e dovrebbe fornire un supporto importante per il mantenimento di un buon governo e di un lungo periodo stabilità a lungo termine a Xiannang.

La legislazione dell’Articolo 23 costruisce un forte muro di sicurezza nazionale e colma alcune lacune legali. In particolare, la modifica di alcune leggi esistenti, la conversione di alcuni crimini di common law in leggi statutarie e la creazione di effetti extraterritoriali non daranno agli elementi anti-cinesi e di disturbo alcuno spazio per prendere piede a Xianggang, e qui è chiaro come la città si tuteli contro le rivoluzioni colorare eterodirette, i cui fallimenti stanno seminando morte in Europa orientale.

L’Articolo 23 della Legge fondamentale di Xianggang è chiaro e stabilisce: «La Regione amministrativa speciale di Xianggang deve emanare una propria legislazione per vietare qualsiasi atto di tradimento, secessione, sedizione, sovversione del governo popolare centrale e furto di segreti di Stato, e vietare che organizzazioni o gruppi politici conducano attività nella regione amministrativa speciale di Xianggang, vietando a organizzazioni o gruppi politici nella regione amministrativa speciale di Xiannang di stabilire legami con organizzazioni o gruppi politici stranieri». Ossia impedire interventi dall’estero che mettano in pericolo la sicurezza nazionale e organizzazioni che si impegnino in attività che pregiudichino la sicurezza nazionale

Il governo di Xianggang ha promosso la legislazione dell’Articolo 23 il 30 gennaio e ha lanciato una consultazione pubblica durata un mese, durante la quale sono pervenuti più di 13.000 pareri, di cui il 98,64% ha espresso sostegno e pareri positivi. Su questa base il governo di Xianggang ha elaborato il progetto di legge e lo ha presentato al Consiglio legislativo per la revisione.

I regolamenti inerenti le nuove disposizioni legislative hanno studiato e assorbito un gran numero di disposizioni e precedenti di common law, mantenendo la coerenza e la sincronizzazione delle legislazione sulla sicurezza nazionale con i principali Paesi e regioni di common law; il suo quadro criminale e il suo sistema punitivo sono scientificamente ragionevoli, comparabili e compatibili con la legge sulla sicurezza nazionale e possono essere utilizzati come riferimento per le aree in cui è applicabile la common law. Le nuove norme dispongono di sufficienti preparativi preliminari, di una buona base di opinione pubblica e di un elevato grado di consenso sociale e costituiscono un punto di riferimento significativo per una legislazione di alta qualità nella regione amministrativa speciale.

Tutti i ceti sociali di Xianggang riconoscono generalmente che solo completando la legislazione locale sull’Articolo 23 e migliorando ulteriormente il sistema istituzionale della Regione amministrativa speciale per la salvaguardia della sicurezza nazionale sarà possibile garantire la prosperità e la stabilità di Xianggang e l’attuazione a lungo termine del principio «un Paese, due sistemi».

La politica «un Paese, due sistemi» contribuisce a salvaguardare i diritti e le libertà legittimi dei residenti di Xianggang e di altri cittadini in conformità con la legge ed è favorevole al mantenimento della prosperità e della stabilità a lungo termine della Regione amministrativa speciale di Xianggang.

Quello che è definito il «muro protettivo» della prosperità e della stabilità garantirà uno sviluppo di alta qualità con un alto livello di sicurezza e ampie prospettive di governance, e la prosperità a Xianggangsarà maggiormente favorita.

Il sistema di sicurezza nazionale e stato di diritto costituiranno ulteriormente un deterrente legale per le forze di intervento esterno, e contribuiranno a rafforzare la fiducia e l’identità della società di Xianggang nello stato di diritto; miglioreranno la fiducia degli investitori e consolideranno il riconoscimento internazionale di Xiannang e delle funzioni di servizio globale quale centro finanziario internazionale, ottimizzando il libero ambiente imprenditoriale e il meccanismo di promozione di Xianggang nel mondo 

Giancarlo Elia Valori

Il 24 marzo 1999 la NATO - benedetta dalle pseudo sinistre occidentali - bombardò la Jugoslavia. Articolo di Luca Bagatin

 

Il 24 marzo 1999, la Repubblica Federale di Jugoslavia fu bombardata per 78 giorni da parte della NATO, con la benedizione, in Italia, del governo di pseudo centrosinistra presieduto da Massimo d'Alema, in Gran Bretagna da quello pseudo laburista di Blair e in Germania da quello pseudo socialdemocratico di Schroder.

Il tutto orchestrato dal pseudo democratico Bill Clinton.

Il tutto, peraltro, senza l'autorizzazione delle Nazioni Unite.

Causando circa 3000 vittime civili, fra cui centinaia di bambini.

Fu l'apice della triste vicenda di disgregazione della Jugoslavia, una terra che, con il Maresciallo Josip Tito Broz, aveva unito nel socialismo, nell'antifascismo e nell'autogestione delle imprese, popoli diversi, che vissero fraterni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sino almeno agli Anni '80.

Finché i nazionalismi, fomentati anche dall'Occidente liberale, ma non democratico, esplosero e generarono una crisi senza precedenti. Che vedremo e vediamo ancora oggi ad Est, nei Paesi che un tempo erano uniti, nel socialismo, nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Bettino Craxi, da Hammamet, scrisse, in merito, parole molto lucide (che si possono trovare nel saggio edito da Mondadori “Bettino Craxi. Uno sguardo sul mondo. Appunti e scritti di politica estera”):

I bombardamenti dell’aviazione americana ed inglese, almeno sino ad ora, sembrano da qualche tempo il bastone con il quale ci si industria a governare le situazioni distorte che si presentano nel mondo. Le bombe dovrebbero essere la soluzione miracolosa destinata a distruggere il male e a far rifiorire il bene. Di bombardamenti del resto, solo nell’ultimo anno, se ne possono ormai elencare non pochi. Si sa tutto di loro e dei loro bagliori, si sa poco o nulla dei risultati che le imprese della più grande, moderna, e sofisticata aviazione del mondo abbiano potuto ottenere […]

Questa situazione terribilmente intricata verrà risolta a colpi di bombe? Molto difficile. Le bombe provocheranno altri disastri ed altre vittime ed apriranno la strada a nuovi conflitti ed ad una estensione pericolosa delle reazioni e delle contro reazioni. Ripetiamo ciò che ha detto dall’alto della sua esperienza ed anche della sua saggezza un ufficiale italiano, una medaglia d’oro, che non può essere accusato di essere un pauroso. Il mito dell’arma aerea, come provano i fatti, potenza risolutrice, è giustappunto un mito. Se si dovesse passare allo scontro umano si toccherebbe un fondo che si sperava ormai estraneo alla storia delle nazioni europee. La politica e la diplomazia, senza il continuo rincorrersi di minacce e di ultimatum, debbono trovare la forza e la strada per giungere ad imporsi. La politica e la diplomazia non possono dichiarare fallimento. La bomba può essere considerata la via facile ma la pace continuerebbe ad essere difficilissima […]

Purtroppo gli italiani sono già alla frontiera. Il governo aveva detto così anche per l’aviazione. La Serbia aveva rotto le relazioni diplomatiche con tutti i Paesi della NATO tranne che con l’Italia. Era un ponte diplomatico che bisognava avere il coraggio di usare. Per tutta risposta abbiamo inviato i nostri aerei a bombardare, coprendoci sotto la formula della «difesa integrata» alla quale non crede nessuno”.

Parole validissime tanto ieri, quanto oggi.

Ennesima dimostrazione che un autentico statista, socialista e democratico come Craxi ci aveva visto giusto.

Un Craxi ingiustamente vilipeso da post e pseudo comunisti e post fascisti italiani, entrambi al governo negli anni successivi alla sua liquidazione, con tanto di benedizione da parte di quei poteri forti che lo detestavano, in quanto egli si pose sempre contro ogni forma di dittatura, dogmatismo, di fondamentalismo, di privatizzazione selvaggia e fu sempre in favore della sovranità nazionale, di ogni popolo.

Non parliamo poi delle conseguenze che ebbero a subire i militari italiani che, negli anni, si ammalarono e morirono a causa dell'uranio impoverito usato in Jugoslavia nel 1999.

Nella Serbia di oggi, il Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ), pur non rappresentato in Parlamento, ma che raccoglie l'eredità di Tito Broz e di tutti i comunisti e socialisti democratici di quelle terre, rende ogni anno omaggio alle vittime dei bombardamenti NATO, presso il monumento “Eternal Flame” di Nuova Belgrado.

La NATO allora, come oggi, non difendeva gli interessi del popolo serbo o albanese, ma esclusivamente dei grandi capitalisti dei Paesi membri di questa alleanza criminale”, scrissero i comunisti jugoslavi in un comunicato sul loro sito web.

E i comunisti jugoslavi hanno ricordato come la NATO abbia attaccato Paesi sovrani, laici e socialisti come la Libia e la Siria, oltre che continua a sostenere l'attuale conflitto in Ucraina, senza ricercare una soluzione pacifica, cosa che, invece, un Paese socialista come la Cina (oltre che il Brasile di Lula e la diplomazia del Vaticano) – aperto al dialogo e al commercio con tutti i Paesi - cerca di fare.

Luca Bagatin

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giovedì 21 marzo 2024

Il socialismo della coerenza di Pietro Longo. Un ricordo di un'epoca che non esiste più. Articolo di Luca Bagatin

 

Recentemente ho avuto modo di ritrovare una raccolta di discorsi parlamentari e scritti politici dell'On. Pietro Longo, già ex Segretario del Partito Socialista Democratico Italiano ed ex Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica del primo governo Craxi.

Una raccolta dal titolo “Il socialismo della coerenza”, edito da Sugarco nel 1984, con prefazione di Giuseppe Saragat e curato dal saggista e storico Antonio G. Casanova.

Pietro Longo, oggi, ha quasi 90 anni, ma nessuno parla più di lui, né lo si è più visto in giro, da moltissimo tempo.

Vittima illustre del falso scandalo P2 (come lo definì il prof. Aldo A Mola) e della falsa rivoluzione di Tangentopoli (come la definì Bettino Craxi), fu fra quei politici di lungo corso che finirono per ritirarsi, dal 1993 in poi, a vita privata.

Dall'anno orribile, 1993.

L'anno a partire dal quale verranno sdoganate, al governo, le estreme destre e le estreme sinistre, le leghe, i comici in politica, le grande imprese e i Poteri forti nazionali e internazionali. L'anno che segnerà, per sempre, la fine di quasi cinquant'anni di democrazia in Italia, fondata sull'asse fra le forze della democrazia cristiana e quelle della democrazia laica e socialista.

Esponente di spicco di queste ultime, proprio Pietro Longo.

Nato a Roma, classe 1935, figlio della partigiana socialista molisana Rosa Fazio Longo (una delle prime attiviste femministe e una delle prime a seguire Pietro Nenni nella scelta di condanna dell'invasione sovietica in Ungheria, nel 1956), iscritto alla Federazione Giovanile Socialista nel 1951 e partecipe, da quel periodo, alle lotte di lavoratori delle campagne per la riforma agraria contro il latifondo nel Mezzogiorno.

Laureato in giurisprudenza, fu fra i fondatori, nel 1964, del CENSIS, importante istituto di ricerca socio-economica.

Segretario particolare del leader socialista Pietro Nenni, Longo fu nominato capo della sua Segreteria politica, dal 1964 al 1968, gli anni nei quali Nenni ricoprì la carica di Vicepresidente del Consiglio e fu eletto deputato, per la prima volta, nel 1968, nelle file del Partito Socialista Unitario (PSI – PSDI Unificati).

Nel 1969, alla scissione del PSU, partecipò alla ricostruzione del PSDI (nella corrente di sinistra denominata “Democrazia socialista) del quale, nel 1972, fu eletto Vicesegretario nazionale e, dal 1978 al 1985, fu eletto Segretario nazionale, con Giuseppe Saragat Presidente del partito.

Nel febbraio 1989, assieme ad altri esponenti del PSDI favorevoli ad una fusione con il PSI di Bettino Craxi, fra i quali Pier Luigi Romita, diede vita al movimento Unità e Democrazia Socialista (UDS) che, nell'ottobre dello stesso anno, confluì nel PSI e Craxi fece entrare Longo nella Direzione Nazionale del partito.

Il saggio che ho ritrovato - “Il socialismo della coerenza” - è particolarmente interessante in quanto ricorda – attraverso le note introduttive del prof. Casanova e le parole di Pietro Longo - ciò che fu il socialismo italiano ed europeo degli anni d'oro, quando ancora esisteva.

Si parte dagli esordi istituzionali di Pietro Longo, quando negli Anni '60 scelse di aderire alla corrente autonomista di Nenni, autonoma e contrapposta tanto alla “chiesa” democristiana che a quella comunista. Per la costruzione di un socialismo democratico che andasse oltre i blocchi contrapposti, capace di divenire leader non solo delle forze di democrazia laica dell'epoca, ma anche di una sinistra democratica e riformista, comprendente tanto i socialisti, che i socialisti democratici e i repubblicani, capace di garantire il diritto alla casa, alla pensione, alla scuola e alla sanità pubblica gratuita per tutti e al contempo di snellire l'apparato burocratico statale.

E' particolarmente interessante un passaggio di Longo, al XV Congresso del PSDI del 1971, nel quale egli parla di salario minimo garantito. E' interessante, perché di questa scottante tematica già si parlava cinquant'anni fa e a parlarne furono, per primi, i socialisti.

In quel passaggio, Longo, spiega come il primo a proporre il salario minimo garantito (che molti, ancora oggi, vorrebbero negare, in Italia!), fu il Segretario del PSU Mauro Ferri (nominato poi giudice costituzionale dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga nel 1987), nel 1969.

Nello stesso discorso congressuale, Longo, parla – nell'ambito della riforma delle Regioni - di introdurre forme di democrazia diretta in modo da garantire “una più consapevole partecipazione di tutti i cittadini alle scelte degli indirizzi politici, dei partiti e degli uomini che li rappresentano”.

Molto interessante l'articolo “Questioni di dottrina socialista”, riportato nel testo, che risale al numero speciale della rivista “Ragionamenti”, del 1975.

In tale articolo, Pietro Longo, illustra ed esalta i valori umanistici e libertari del marxismo, ma li contrappone ai principi leninisti e stalinisti, che portarono l'URSS e molti Paesi del Patto di Varsavia a negare le libertà necessarie allo sviluppo di un socialismo effettivo e realizzato.

Non mancano le critiche di Longo al capitalismo e in particolare egli scrive: “il capitalismo presenta inadempienze clamorose nella ripartizione delle ricchezze e dei consumi, nella soddisfazione dei bisogni e nella politica sociale”.

Egli esalta, nello stesso articolo, le conquiste sociali del periodo, quali il divorzio e l'avanzare della libertà sessuale, nonostante il clericalismo culturale imperante in Italia. Purtroppo riscontra anche due mancanze: il fatto che la famiglia “non è interamente fondata sulla permanente libertà di scelta” e che “siamo ancora molto indietro nell'attuazione istituzionalizzata delle forme di democrazia diretta”.

Questo punto, rimarcato più volte negli scritti e discorsi di Pietro Longo, è particolarmente importante, in quanto – nonostante nella Storia della Repubblica italiana nessuno sia riuscito a introdurre effettive forme di democrazia diretta (e sicuramente non lo sono i pastrocchi online proposti dai Cinque Stelle) – i primi a volerle promuovere e introdurre furono proprio i socialisti.

E, accanto alla democrazia diretta, Pietro Longo, nei suoi scritti, parla spesso di un altro principio democratico e sociale, ovvero di autogestione economica (sull'esempio della Svezia e della Jugoslavia dell'epoca), cioè la necessità che i lavoratori diventino proprietari effettivi del proprio lavoro, come peraltro prevede da sempre la dottrina socialista, per l'emancipazione della classe lavoratrice.

In tal senso egli scrisse, nel 1978: “La lotta che noi conduciamo attualmente in Italia è la lotta per reintrodurre nella società e nella realtà economica il momento della responsabilità, dopo che l'ipertrofia dell'assistenzialismo e l'esplosione del rivendicazionismo hanno portato all'attuale deresponsabilizzazione. Quando noi studiamo i possibili progetti di “autogestione”, di “cogestione”, sulla scia di sperimentazioni condotte in altri Paesi europei, non facciamo altro che cercare le vie di un disegno di responsabilizzazione di tutta la società civile, quindi anche a livello della classe lavoratrice, anche delle categorie del lavoro manuale. Noi ci battiamo, cioè, perché, in un quadro di libertà, tutte le componenti della società diventino in un certo senso “ceto medio”.

Pietro Longo, nei suoi scritti e discorsi, peraltro, ricorda come i socialisti democratici – pur ancorati all'Occidente - abbiano sempre promosso un mondo pacifico e multipolare e come avessero un ottimo rapporto con quei Paesi socialisti non appiattiti nei confronti dell'URSS, quali la Romania socialista di Nicolae Ceausescu e la Jugoslavia del Maresciallo Josip Tito Broz, che Longo ricorda per aver saputo “difendere l'indipendenza e la sovranità nazionale creando le basi di un interessante tipo di sviluppo della società, verso la quale è viva la nostra attenzione”.

Da non dimenticare anche la stretta amicizia fra Longo e il leader socialdemocratico tedesco Willy Brandt, di cui egli scrive: “La relazione e l'opera di Willy Brandt si collocano sulla scia di questa grande tradizione che dal punto di vista dei principi discende dal socialismo riformista e democratico che si è sviluppato nei decenni passati soprattutto in alcune nazioni dell'Europa occidentale. (…). Un socialismo democratico e libertario che ha sempre denunciato e combattuto gli egoismi e gli avventurismi del sistema capitalistico, contro le dittature militari e fasciste, contro il colonialismo economico e contro il sistema internazionale fondato sullo sfruttamento di alcuni popoli a vantaggio di altri”.

Un socialismo che, aggiungerei, non esiste più dal 1993, in tutta Europa.

Perché non esistono più quei grandi leader, che furono, a vario titolo, defenestrati (come Craxi, lo stesso Longo e molti altri) o sono morti (come Brandt e Mitterrand).

Ci rimangono le testimonianze, gli scritti, i libri e la memoria di chi avrà il piacere della ricerca di un'epoca che, almeno in Europa, non tornerà purtroppo mai più.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

Bettino Craxi e Pietro Longo